Le Grotte Cipolliane
La terra e il mare, due elementi dalle caratteristiche organolettiche agli antipodi, fisicamente distanti ma al contempo sempre così vicini: si rincorrono, bisticciano, si baciano. Le acque dalle quali le terre sono emerse sembrano quasi che vogliano schiaffeggiare quelle rocce che ne sovrastano la superficie per poi cullarle dolcemente pochi istanti più tardi, quando la rabbia è ormai scemata.
Lungo le falesie del Salento quelle rocce guardano costantemente il mare e si protendono ad esso con una velata nostalgia, rimpiangendo quasi i tempi che furono. Una linea di confine pattuita dopo estenuanti battaglie e sulla quale decisero di marciare alcuni dei primi insediamenti umani, probabilmente estasiati da quel tripudio di colori e profumi che gli dei hanno voluto porgergli in dono. Anche noi oggi camminiamo su quelle falesie, non ci sono più i Neanderthal, non c’è più il mare che ci guarda a testa in su, solo un mistura di profumo di timo, origano ed erba cipollina a conferire il tocco dell’artista alle Grotte Cipolliane.
Si tratta di tre ripari che si aprono sulla falesia esposta ad est, sull’alta scogliera a metà strada tra le località marine di Novaglie e Ciolo, nel territorio comunale di Gagliano del Capo. Il mare che ora si trova a 30 metri più in basso un tempo invadeva con prepotenza questi ambienti. Lo testimonia la ricchissima documentazione di conchiglie, pecten e rudiste che ricopre completamente la superficie interna dei tre antri scavati naturalmente nella roccia friabile e porosa del Terziario (65 – 1,8 milioni anni fa).
Il riempimento della cavità si caratterizza per la presenza di sabbie e detriti calcarei minuti, associati a industria litica (lamelle a dorso, piccoli grattatoi circolari) di tipo romanelliano (9-12 mila anni fa) e ad abbondantissimi resti faunistici (equidi, bovidi, cervidi, asini selvatici, piccoli mammiferi e uccelli). Ovunque si appoggi il piede non si può fare a meno di calpestare migliaia di frammenti fossili di ogni genere, piccole selci scheggiate e gusci intatti di molluschi bivalvi che hanno permesso di avanzare l’ipotesi di un’economia prevalentemente basata proprio sulla raccolta di molluschi, attività che caratterizzerà il Mesolitico europeo.
La fauna (tipica di un clima freddo) e l’industria litica rinvenuta fanno pensare ad un riempimento della superficie delle cavità avvenuta alla fine della glaciazione di Würm, circa 10 mila anni fa, quando il mare in regressione avrebbe messo in luce una fascia costiera, attualmente sottomarina, sulla quale si sarebbero formate delle dune di sabbia antistanti alla grotta, i cui granuli trasportati dal vento si sono pian piano adagiati fino in profondità della breve caverna mescolandosi a sedimenti calcarei provenienti dallo disfacimento delle pareti e della volta della cavità
Camminiamo ancora su quella linea immaginaria di questa magnifica falesia, un arcaico filo di Arianna, la via d’uscita di Teseo dal labirinto di Cnosso che ci connette indirettamente e con continuità fino a 30.000 anni fa, alla fine del Musteriano, colmando una secolare lacuna archeologica che si è protesa fino al Paleolitico Superiore. Nel riparo più ampio, a seguito di scavi effettuati negli anni ‘60 del secolo scorso, è stato infatti individuato un giacimento archeologico che copre un arco temporale che va da 29-20 mila anni fa (Gravettiamo) a 10 mila anni fa (Romanelliano), periodo, quest’ultimo, al quale dovrebbe riferirsi anche un ciottolo inciso con figure, d’incerta interpretazione, rinvenuto durante la pulizia del deposito superficiale da parte dell’archeologo De Borsatti e che presenta alcune affinità con quelli trovati all’interno di grotta Romanelli (Castro).
Teniamo in mano questo filo, quasi come delle moderne Parche che vogliono giocare con il destino degli uomini. Decidiamo di non reciderlo affinchè possa continuare a connettere il nostro presente con il futuro che verrà. Gli dei ci hanno osservato per tutto il tempo da dietro un cespuglio, ci invidiano, vorrebbero questo luogo per sé. Ma il loro tempo è finito, lasciamo lo spazio agli uomini ormai, tutto questo è nostro! Facciamone buon uso.